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Un'agenda di discussione

di Massimo Veltri (Senatore dei Democratici di sinistra)




All'inizio del 1999 ho inviato una lettera al sindaco di Cosenza, Giacomo Mancini, nella quale sottolineavo il persistere di uno stato di difficoltà della politica, sia a costituire luoghi di dibattito che ad individuare temi della discussione e, ancor di più, ad organizzare la partecipazione dei cittadini alla vita politica. Queste funzioni oggi sembrano essersi trasferite altrove e svolte da altri: per esempio dalle associazioni di volontariato, dai gruppi culturali e persino direttamente dalla Curia, con esiti estremamente positivi, sia ben chiaro. Ma basta? E' indubbio che l'esperienza dei sindaci eletti con la nuova legge ha dato slancio alle città e già si intravede la possibilità che da questa stagione possano nascere nuovi ceti dirigenti. Ciononostante avverto a vari livelli, disseminata nei diversi strati del corpo sociale, condivisa in termini espliciti e più frequentemente allo stato latente, una sorta di disagio, di parzialità, di incompletezza: in una parola avverto il rischio di una sorta di delega alla figura del sindaco, un'attitudine a considerarlo investito di poteri soverchianti. Senza soffermarmi su sociologismi autodefinentesi e sconsolati, io credo, più pragmaticamente, che la questione vera risieda in una specie di deresponsabilizzazione in cui si rischia di cadere, e che vede il perdurare dell'assenza di momenti di discussione, elaborazione e proposta. Manca, cioè, la partecipazione di quanti, e non sono pochi, avvertono di poter offrire un contributo, non formale né residuale, alle scelte che li riguardano: manca, in sostanza, la politica intesa come strumento di costruzione dell'io sociale. Alla lunga, mi chiedo, le città traggono giovamento da questa situazione? Credo proprio di no, e aggiungo che a soffrirne è proprio il percorso di identificazione collettiva di una città intesa come comunità attiva e consapevole, orientata e guidata da una politica che deve saper coniugare il dire con il fare, l'utopia con il possibile, la partecipazione con la responsabilità.Come lo stesso Bevilacqua afferma, costituire un partito dei sindaci calabresi non sarebbe la soluzione ideale e al momento non colgo nessun elemento che possa far pensare davvero ad un'esperienza capace di superare i modelli dei partiti tradizionali. Più semplicemente correremmo il rischio di creare un partitino, magari più vorace e con più fame dei fratelli maggiori. Se invece si tratta di dar valore all'esperienza dei sindaci, di individuare le innovazioni sociali in atto anche nella nostra regione, di vedere come da queste possano discendere nuove forme di rappresentanza politica, di concertare forum di discussione con più soggetti, di individuare temi che possano favorire la partecipazione e la selezione di nuovi gruppi dirigenti, allora eccomi qua: sono pronto, con qualche "idea" che da tempo cerco di portare nel vivo della discussione. Per esempio sulla necessità, per la società politica calabrese, di interrogarsi su come stabilire nuove relazioni cittadini/rappresentanza politica o sull'esigenza, di fronte a sfide essenziali per la democrazia, di allargare la partecipazione dei cittadini, di non limitarla al ritmo pluriennale delle "consultazioni" elettorali. L'innovazione più significativa prodotta dall'esperienza dei sindaci (e mi piace sottolineare che essa riguarda essenzialmente l'ambito meridionale) è consistita nel favorire un maggiore accesso dei cittadini alla "sfera pubblica". Ritengo questo un aspetto che i partiti dovrebbero sforzarsi di accogliere: considerare le scelte e le opzioni politiche come materia di decisioni comuni, scambio di informazioni, discussione ampia e partecipazione.Un po' quello che è accaduto nella mia città per il disegno di legge sul centro storico che ho presentato in Parlamento dopo una consistente ricognizione sul territorio, in termini di analisi, suggerimenti e proposte. In ogni caso propongo che si stabilisca un'Agenda di discussione tra sindaci, esponenti politici, intellettuali, forze dell'associazionismo, cittadini: sarebbe un modo di mettere a fuoco analisi e proposte e poi, come si dice, chi ha più filo più tesse. Da parte mia mi provo ad indicare, sommariamente, alcuni temi di dibattito: 1) Quale economia per la Calabria? Promozione di un'economia sociale orientata verso la valorizzazione delle risorse umane e ambientali della regione. 2) Recupero dell'identità della Calabria. Analisi delle figure sociali calabresi, delle forme di espressione, delle attività economiche tradizionali, delle proposte di recupero dei centri storici e della vita sociale ad essi legata, dei progetti volti a rivitalizzare la vita comunitaria e il rapporto tra istituzioni e società.
3) Città e comunità locali. Possibili forme di governo delle città meridionali, federalismo municipale, ruolo degli enti locali come volano dell'economia.



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