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L'Associazione di cultura politica
'Per una sinistra di governo'


Manifesto fondativo a cura di Massimo Veltri


L'Associazione di cultura politica Per una sinistra di governo nasce con l'intenzione di offrire una sede permanente di riflessione, di dibattito e di proposta ai parlamentari, anche europei, dei Democratici di sinistra che condividono l'esigenza di fondare su più solide e partecipate basi teoriche, e su più nette ed inequivoche opzioni ideali e politiche, la costruzione del nuovo partito del socialismo europeo. La ridefinizione dei rapporti fra società civile, società politica e istituzioni, nel quadro del rafforzamento della coalizione di centro-sinistra in Italia, e dello schieramento delle forze riformatrici in Europa.
Il primo impulso alla costituzione dell'Associazione è venuto dalla percezione di un disagio largamente diffuso fra i parlamentari, e dovuto all'incerta determinazione del loro ruolo e della loro funzione.
Le riforme elettorali di tipo maggioritario hanno prodotto una modifica radicale dei criteri di selezione delle rappresentanze nelle istituzioni e del mandato ad esse conferito, incidendo fortemente sul rapporto fra i partiti e gli eletti: ad ogni livello, infatti, questi ultimi non rappresentano più soltanto le forze politiche di appartenenza, ma le coalizioni. In particolare, i parlamentari eletti nei collegi uninominali si trovano a dover conciliare il vincolo di lealtà al mandato di coalizione con l'adesione soggettiva a un partito, oltre e prima ancora che a dover rendere compatibile la loro funzione di legislatori con gli obblighi ad essi derivanti dal fatto di essere espressione di un territorio, cioè di una realtà geograficamente ben delimitata e dotata di sue specifiche peculiarità.
Da queste innovazioni, che non hanno finora ottenuto adeguata attenzione (sono del tutto mancati, ad esempio, una appropriata analisi dei modi in cui tali problemi sono stati affrontati dagli altri partiti del socialismo europeo, e un approfondito confronto sul ruolo in essi rivestito dalle rappresentanze istituzionali), è derivata, a carico dei parlamentari, una ambigua investitura. Per ciò che riguarda poi, in particolare, i deputati e i senatori dei DS, essi si sono visti progressivamente marginalizzati dalle sedi e dalle occasioni in cui si forma la volontà politica del partito, e chiamati ad assolvere a meri compiti di propaganda; per converso, l'effettivo esercizio del mandato di coalizione è per loro quasi del tutto vanificato dalle resistenze di partiti gelosi delle loro autonome prerogative e ancora in larga misura condizionati da una cultura proporzionalista. Analoga situazione vivono i parlamentari europei, i quali, pur se eletti su liste di partito, sono comunque tenuti a coniugare la rappresentanza e la tutela degli interessi nazionali con le logiche dell'integrazione comunitaria, l'appartenenza a un soggetto politico con l'adesione a un gruppo che, per quanto omogeneo, risente comunque della sua composizione sovrannazionale.
Com'è evidente, sarebbe vano affrontare tali questioni attraverso la sterile rivendicazione della dignità del ruolo degli eletti, o la patetica deprecazione dell'accessorietà della loro funzione. Dal momento che non si aspira certo a una condizione notabilare, ma s'intende soltanto individuare le forme attraverso cui alle rappresentanze istituzionali sia consentito di contribuire efficacemente alla riaffermazione delle ragioni di una sinistra moderna e di governo, alla elevazione del suo profilo progettuale e programmatico, al consolidamento dell'unità delle forze democratiche e riformatrici, in ambito sia nazionale che europeo, va da sé che la valorizzazione del ruolo e della funzione dei parlamentari fa tutt'uno con il conseguimento degli obiettivi di un profondo e reale rinnovamento della politica, che contrasti efficacemente e sconfigga la preoccupante tendenza alla passività di aree sempre più ampie della cittadinanza (come dimostra eloquentemente il fenomeno della disaffezione al voto); di una riforma dello Stato che definisce un nuovo sistema di relazioni fra centro e periferia, promuovendo l'autogoverno della società civile e rendendolo compatibile con la coesione e l'equità sociale; dell'estensione e del rafforzamento dell'Unione Europa, per cui alla sempre più avanzata integrazione dell'economia, della finanza, dei sistemi di sicurezza e di protezione sociale corrisponda un nuovo assetto delle istituzioni del governo comunitario.
Entro questo orizzonte appunto intende collocarsi l'iniziativa dell'Associazione, che si propone innanzitutto come centro di riflessione, di ricerca, di elaborazione e di dibattito capace di oltrepassare i limiti della dialettica nominalistica e della torsione politicistica che sembra affliggere il centro-sinistra nel nostro Paese, e di contribuire alla definizione di una cultura politica e di un programma che esaltino l'originalità e specifichino l'azione di governo insieme dei DS e della coalizione, in termini di reciprocità e non di antagonismo, incardinandola sempre più organicamente in una dimensione europea.
L'Associazione si prefigge, dunque, di cooperare al processo di costruzione di un partito veramente "aperto e plurale", che non ritenga la costituzione di componenti organizzate sufficiente a garantire la democrazia interna, e che si sforzi invece di rimettere in circolo idee e risorse, di sollecitare la più ampia partecipazione di tutte le energie, che si dia un programma e un progetto in grado di illuminare e motivare le sue scelte e le sue politiche, che dissipi gli equivoci tuttora incombenti sulla democrazia di mandato, di cui non si disconoscono la legittimità e persino la necessità, ma che va resa compatibile con la qualità democratica del partito, attraverso una efficace definizione del rapporto fra le responsabilità del leader e i meccanismi di formazione della volontà politica.
Un partito, ancora, che sappia riformulare termini e garanzie del patto con gli elettori, e - più in generale - rivitalizzare il suo rapporto con la società civile: assumendo in primo luogo uno statuto (ma tale obbligo andrebbe esteso a tutte le forze politiche, e sancito come condizione pregiudiziale per l'accesso al  finanziamento pubblico) che contenga esplicite norme per favorire e rendere efficace la partecipazione democratica degli iscritti e degli elettori alla vita del partito, nonché alla selezione dei suoi dirigenti e delle sue rappresentanze istituzionali, ad ogni livello.
Un partito, infine, che si riconosca nella grande famiglia del socialismo europeo, che sappia coniugare fedeltà agli ideali e istanze di cambiamento, e che, abbandonata la sterile disputa sui modelli da importare e a cui meccanicamente adeguarsi, sia mosso dall'impegno a raccordare funzionalmente specificità nazionali e dimensione europea, a dare risposta ai grandi problemi la cui soluzione soltanto può esaltare le ragioni della sinistra italiana, ma anche della coalizione,e dello stesso socialismo europeo. Ci riferiamo, ad esempio, alle questioni capitali del governo democratico dello sviluppo, della regolazione sociale dell'economia e della finanza nell'età della globalizzazione; del nuovo ordine mondiale, dei principi cui esso deve obbedire e degli istituti incaricati di garantirlo; della riforma del welfare; della piena espressione dei diritti di cittadinanza; della sussidiarietà e del federalismo solidale.
Con questi e con altri problemi l'Associazione intende misurarsi: aspirando a rappresentare un luogo aperto e libero di riflessione e di confronto politico-culturale, e di qualificarsi insieme come soggetto attivo nella dialettica democratica dei Democratici di sinistra, in grado di fornire un autonomo contributo di proposta, di orientamento, di intervento sugli aspetti qualificanti dell'azione di governo, del programma e del progetto che devono caratterizzare una moderna sinistra italiana, a pieno titolo partecipe della realtà del socialismo europeo e al contempo convintamente e responsabilmente impegnata, nel nostro Paese, nel rafforzamento della coalizione di centro-sinistra e nella definizione di una sua sempre più nitida identità politica e programmatica.



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