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Sapori e saperi della cucina calabrese


di Viviana Santoro


In un'iniziativa della Fidapa di Soverato, sponsorizzata dai Produttori del Consorzio "Bontà delle Serre Calabresi", dalla Ditta "Caparra e Siciliani" di Cirò, dalla "Tino" di Torre Ruggero, dalla "Luna funghi di Soveria Mannelli" e dall'Istituto Alberghiero che l'ha ospitata, si è parlato di "Sapori e Saperi della cucina calabrese". L'iniziativa, che ha inaugurato l'anno sociale 99-2000, e che ha visto la presenza di rappresentanti di tutte le Associazioni culturali del soveratese, oltre che di Amministratori comunali e provinciali e di rappresentanti di cooperative e consorzi calabresi specializzati in prodotti locali, ha avuto come finalità la valorizzazione del patrimonio gastronomico calabrese da tramandare. Formula destinata ad essere vincente, come ha sottolineato la Presidente Fidapa Marisa Gigliotti, quella di "tramandare ed assaporare coniugando arte, gastronomia e turismo". Nel programma dell'Associazione illustrato dalla Gigliotti sono previsti: la promozione di itinerari del gastronauta, di laboratori del gusto, corsi di assaggiatori del vino, con il coinvolgimento di artigiani, artisti del territorio a partire dai ceramisti di Squillace. Dopo i saluti e gli interventi di Francesca Sacco, Assessore alla Cultura di Soverato, di Caterina Salerno, Assessore alla Cultura della Provincia di Catanzaro, di Piero Martelli, in rappresentanza del Preside dell'Alberghiero Vincenzo Guarna, e di Carlo Bova, Presidente del consorzio "Bontà delle serre calabresi", con sede in Chiaravalle, hanno avuto inizio le relazioni. La gastronoma e scrittrice Nuccia  Carmagnola Perrelli ha trattato di "Dieta mediterranea e gastronomia al gusto magico del piccante", come dire l'elogio del peperoncino e di tutte le sue innumerevoli proprietà benefiche che ne fanno il re della cucina mediterranea e tropicale. Il prof. Vito Teti, docente di Antropologia culturale all'Unical (il suo ultimo libro è "Il colore del cibo", Meltemi editore), ha parlato magistralmente di "Sacralità e riti alimentari nella cultura calabrese", facendo rivivere nella memoria dei presenti, almeno di quelli meno giovani, tradizioni e cultura della società contadina di un tempo, quando stare a tavola "non voleva dire mandar giù in fretta cibi, ma voleva dire stare insieme, momento di aggregazione, momento rituale che aveva del sacro, momento della gioia del dare e del ricevere". Più che di dieta mediterranea, secondo Teti, bisogna parlare di cultura del mangiare e dello stare insieme che nella civiltà contadina ed in genere in tutte quelle preindustriali caratterizzava le popolazioni. E così lo studioso si è soffermato sulla sacralità del pane, dell'acqua, sulla tradizione del maiale, di cui nulla andava sprecato e del quale veniva offerto tutto a vicini e parenti, non  per il bisogno, ma per il gusto del dare. Un mondo scomparso, dimenticato, seppellito dai ritmi di una vita che spesso appare anch'essa superflua in un contesto in cui il "superfluo" predomina. Non è voglia di recupero nostalgico, quello su cui Teti ha insistito, ma è necessità di recupero di un'identità perduta da parte degli adulti, mai avuta da parte dei giovani, che rischiano, così, di crescere senza radici. E ricordando una famosa polemica tra Calvino e Pasolini (Calvino accusava Pasolini di essere nostalgico del mondo contadino, Pasolini rispondeva che essere nostalgico non è cosa che si sceglie ma è cosa che si sente e che la nostalgia era per una società in cui ogni bene era necessario e nulla si sprecava), il prof. Teti ha evidenziato la necessità di rivisitare la nostra storia di gente mediterranea, con una specifica identità, con valori forti, di cui "i riti alimentari" fanno parte degna. La regista ed archeologa Maria Gullì ha completato la serata con la proiezione di una serie di diapositive aventi per oggetto i piatti tradizionali, semplici ma preziosi allo stesso tempo, inventati dal popolo più umile nei momenti di maggiore bisogno, e quindi fatti di ingredienti facilmente reperibili e genuini, che sono poi diventati i piatti prelibati e richiesti anche sulle tavole dei benestanti. Un inno a più voci, quindi, alla cucina mediterranea ed alla cultura secolare di cui essa è parte importante, per un invito a ritrovare e difendere la nostra identità.



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